4 chiacchiere semiserie su: il valore di un paesaggio

Indovinello: Qual è il simbolo dei samurai? Cos'è che i Giapponesi attendono con tanta ansia tra gennaio e febbraio? Cos'è che in Giappone (terra di super tecnologie, manga e Pokemon) viene considerato lo spirito della nazione?

Qualcuno ha qualche idea?

Ve lo dico io: la Hanami ossia la fioritura del Sakura..... il ciliegio

Quando viene annunciata in TV da tutti i TG e da numerose trasmissioni televisive, l'intero Giappone pare fermarsi in contemplazione; scuole e aziende si organizzano per festeggiare…famiglie e amici si riuniscono nei parchi e nei giardini con le fioriture più spettacolari. Si balla, si canta, si mangia e soprattutto si ammira lo stupendo spettacolo dei ciliegi in fiore. Durante quei giorni accorrono turisti da ogni parte del mondo. Se poi per caso capita con la luna piena... allora non si trova una stanza d'albergo libera.

Eh…i giapponesi…. Quante ne sanno!!

Hanno preso un albero e ne hanno fatto un paesaggio unico al mondo. Un paesaggio capace di fare notizia (di quelle belle..) in tutto il mondo. Bellezza capace di attrarre altra bellezza.

E non è cosa scontata: spesso anche il paesaggio che ammiriamo dalla finestra di casa nostra è altrettanto bello ed affascinante, ma proprio per il fatto che siamo abituati a vederlo da sempre, non riusciamo a coglierne l’unicità e le potenzialità.

Il Maestro acquerellista Juan Alfredo Parisse, ci ha accolti nel suo atelier di Pianola, a L’Aquila. Aquilano al 100%, deve il suo nome ad una legge di Juan Domingo Peron, che impediva di chiamare i neonati in Argentina con nome stranieri. E’ lì infatti che Juan Alfredo passa i primi 6 anni della sua vita…prima di tornare nella terra dei suoi genitori, l’Abruzzo, che sarà per lui grande fonte di ispirazione. Nelle sue opere ricorrono, i borghi arroccati dell’Abruzzo interno, scorci e vicoli sempre pervasi da una calda luminosità, i trabocchi, sospesi sul mare e nel tempo, la neve che scende leggera e i mandorli, tanti mandorli in fiore che sembra veramente di stare ad Okinawa durante la Hanami.

In effetti il mandorlo e il ciliegio appartengono alla stessa famiglia botanica delle Rosaceae. E vi assicuro che la loro fioritura, generalmente a marzo, sulle colline abruzzesi, non ha nulla da invidiare alla celeberrima fioritura dei ciliegi in Giappone.

Il mandorlo è originario dell'Asia occidentale, da dove si è diffuso a tutte le regioni del Mediterraneo probabilmente ad opera dei Greci. In Abruzzo l’antica coltivazione del mandorlo è testimoniata dai mandorleti, oggi purtroppo non più produttivi e per lo più abbandonati e gravemente compromessi, che sono diventati un elemento irrinunciabile del nostro paesaggio agrario, da proteggere per il loro valore storico, culturale ed estetico. Insomma..quasi da venerare direi…così come i giapponesi fanno con i loro ciliegi.

La mandorla è nota a tutti come alimento ricco di vitamina E e di sali minerali quali magnesio, ferro e calcio. E’ considerata un potente alleato contro il colesterolo, e dunque utile alla salute di cuore e arterie. Contiene inoltre moltissimi antiossidanti naturali, che preservano la giovinezza di pelle e capelli. Con la spremitura a freddo dei suoi semi oleosi si estrae un olio preziosissimo, sia per uso alimentare che cosmetico.

Pianta di salute e bellezza per eccellenza quindi, se si considera anche la bellezza del paesaggio dei mandorleti in fiore, che oggi, purtroppo sono sempre più radi e impoveriti.

https://youtu.be/tdLpX9o8WL8

Quella del mandorlo, infatti, è una delle coltivazioni che più risentono dell’abbandono delle campagne. Le piante hanno bisogno di cure, potature, e la loro fioritura precoce ai primissimi caldi, le rende molto sensibili alle gelate tardive che possono compromettere interi raccolti. La grande disponibilità di mandorle provenienti dai mercati esteri (principalmente Stati Uniti e Spagna), rende purtroppo le nostre mandorle meno interessanti e competitive.

Ma io ho una visione fantascientifica che mi perseguita… E’ un paesaggio dentro a un sapone.

Si potrebbe, per esempio, iniziare a selezionare quegli individui che fioriscono più tardivamente (e dunque più al sicuro dalle gelate marzoline killer) e  le varietà con la maggiore resa oleosa (senza naturalmente abbandonare le altre varietà come le mandorle amare, i mandorloni, le doppie ecc… che non si sa mai) e utilizzare questi individui per ricostituire gli antichi mandorleti e i filari fra i campi coltivati. L’epoca della spremitura delle mandorle precede di circa un mese o due quella delle olive…i frantoi, dunque, li abbiamo. Ricaviamo un olio dalle qualità eccezionali che possiamo arricchire con quelle dell’infinità di piante medicinali che crescono spontanee sulla nostre montagne: dall’Iperico all’elicriso passando per la calendula e la rosa selvatica…chi più ne ha (noi) ne metta! Utilizzare quest’olio per farne un sapone, magari in associazione con l’olio d’oliva che certamente in Abruzzo non manca, è un attimo… Un sapone che racchiude un paesaggio di una bellezza straordinaria, una biodiversità fra le più ricche nel mondo e tante di quelle proprietà benefiche che sembra un sogno…e infatti lo è.

Cari amici…vi consiglio vivamente di non perdere la prossima fioritura dei mandorli. Una passeggiata al tramonto tra i profumatissimi filari è veramente un’esperienza indimenticabile. Forse non farà di voi dei Samurai, ma sicuramente vi renderà un po’ più consapevoli di quanta bellezza stiamo rischiando di perdere.

Intanto vi lascio una semplice ricetta da provare in casa per produrre il vostro oleolito di iperico (che a breve fiorirà) in olio di mandorle.

Oleolito di Iperico (Hypericum perforatum) in olio di mandorle

Procuratevi dell’olio di mandorle spremuto a freddo, senza profumazioni.

Raccogliete le cimette dell’iperico in fioritura, possibilmente all’inizio (quando è all’apice del suo periodo balsamico). L’epoca di fioritura è piuttosto variabile e dipende soprattutto dall’altitudine: più sarà bassa la quota a cui lo cercheremo, e prima fiorirà. Lasciate il vostro raccolto per una notte all’aperto su uno strofinaccio in modo da permettere ad eventuali lumachine insetti e ragnetti che avrete involontariamente raccolto, di trovarsi un nuovo alloggio.

Mettete i fiori di Iperico in un barattolo di vetro e copriteli completamente con l’olio di mandorle (circa 5 parti di olio per 1 parte di pianta, in grammi). Si possono ovviamente usare altri tipi di oli, a seconda delle proprietà che ci aspettiamo dal nostro oleolito, che dipenderanno quindi non solo dalla pianta che metteremo in infusione (l’Iperico in questo caso) ma anche dal solvente che utilizzeremo (abbiamo già parlato delle proprietà elasticizzanti, nutrienti e lenitive dell’olio di mandorle? Sì). Chiudete il barattolo, ma non ermeticamente (potete frapporre una garza fra il barattolo e il coperchio solo appoggiato ma non avvitato) e mettetelo in un posto dove possa ricevere per 30 giorni, un’esposizione al sole (questo vale solo per l’iperico, altri oleoliti vanno fatti macerare all’ombra). Trascorsi i 30 giorni, filtrate bene con una garza e conservate in bottiglie scure in luogo fresco. Le proprietà di questo olio? Quanto tempo avete?? Ok, riassumendo: cicatrizzanti, dermorigeneranti, lenitive, emollienti, antiossidanti, antirughe, antinfiammatorie… utile dunque su ustioni, piaghe, abrasioni, smagliature, rughe e rughette. Unica precauzione: non esponete al sole la parte trattata perché l’iperico può fotosensibilizzare la vostra pelle.